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Le raccolte di fotografie pubblicate sul nostro sito


Calendario della Resistenza: tante date e tanti Caduti da ricordare

Comitato provinciale di Novara


La lotta partigiana nel Novarese
(attualmente Novara e Verbano - Cusio - Ossola)

Alcune date significative del mese di gennaio


LA RAPPRESAGLIA - Bieno di S. Bernardino Verbano, 29 gennaio 1944

Caduti: Del Ponte Borgini Maria, Bisi Bruno, Carlo partigiano russo

Piero Spadacinidi Suna ricorda: «È l'alba del 29 gennaio 1944: una squadra di partigiani della formazione "Valldossola" sorprende una pattuglia delle brigate nere nei pressi della Crociera di Fondotoce e la disarma».

La squadra partigiana riprende quindi il cammino verso Bieno, una frazione di S. Bernardino Verbano, a circa tre chilometri da Fondotoce: infatti, in un'osteria di Bieno, è fissato alle 11 un appuntamento fra Superti, comandante della "Valdossola", e Mario Muneghina, il Capitano Mario.

La squadra partigiana ha perciò molto tempo a disposizione, ma dopo tre chilometri, già fra le prime case, viene avvisata da una donna dell'arrivo di una grossa pattuglia delle brigate nere.

L'avvertimento è provvidenziale: i partigiani non sono colti di sorpresa e, anzi, attaccano per primi i fascisti. Approfittando dello smarrimento creato nei militi del pattuglione (sono 4 i morti e 11 i feriti), la squadra partigiana si inoltra nella boscaglia senza perdite.

In risposta, i repubblichini ricorrono alla rappresaglia: nella piccola frazione montana ha inizio così un saccheggio, seguito dalla distruzione di numerose case.

Un giovane panettiere, Bruno Bisi, che si sta recando al lavoro percorrendo in bicicletta la strada che conduce a Fondotoce, è ucciso da una raffica di mitra. Viene mitragliata anche Maria Borgini, settantaduenne, che si è affacciata al balcone per richiamare il nipotino.

E' poi la volta di un partigiano straniero, uno dei tanti che hanno scelto di combattere tra le fila dei resistenti italiani: è il partigiano russo Carlo, conosciuto e amato dai valligiani. Sceso dai monti per far provviste, viene sorpreso e ferito dal nemico; intuendo la fine che gli toccherebbe se fosse fatto prigioniero, si uccide con la propria pistola.

I fascisti sono ora soddisfatti: nei loro zaini vi è un buon bottino, anche se sulla loro coscienza ci sono nuovi assassinii.


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GIN AD BADAN - Premosello Chiovenda, 31 gennaio 1944

Caduto: Chiovenda Luigi

Premosello sorge sulla sponda orientale del fiume Toce; con le sue due frazioni, Cuzzago e Colloro, conta poco più di duemiladuecento abitanti. Notevole è il contributo dato alla Resistenza dalla popolazione del piccolo centro montano lungo l'intero periodo dei venti mesi di lotta.

Settembre 1943; nel comune di Premosello opera l'I.B.A.I. (Industria Boschi Alta Italia), un'impresa che occupa centinaia di boscaioli e che è diretta da Dionigi Superti, quarantaquattrenne, milanese d'adozione. E' volontario nella prima guerra mondiale e pluridecorato (quattro medaglie al valor militare); si iscrive al partito repubblicano nel 1919, e quindi al partito socialista; viene condannato al confino due volte per attività antifascista.

Sin dal settembre del 1943, Dionigi Superti, dopo aver preso contatti con il prof. Ettore Tibaldi e le altre guide dell'antifascismo ossolano, crea con i suoi boscaioli una delle prime bande partigiane.

La banda Superti diventa ben presto "brigata" e, quindi, "divisione", la Divisione "Valdossola".

«Il Comandante di questa brillante unità partigiana» ricorda Giuseppe Cavigioli, «è rispettoso della libertà ideologica altrui, non permette scelte ed influenze politiche nella sua banda e dichiara sinceramente e più volte ai suoi ragazzi che quelli devono essere i giorni della lotta militare, a cui seguiranno i giorni delle personali scelte ideologiche e politiche».

Il primo rifugio dei partigiani di Superti, nell'autunno del 1943, è l'Alpe Serena e, ricorda Bruno Piolini, che il vicario foraneo don Giovanni Del Boca è il primo brillante organizzatore dei rifornimenti «per i nostri ragazzi di lassù ed è colui che tesse le fila di quella rete di collegamenti coi CLN di Novara e di Busto Arsizio».

Vi è, all'inizio, un colpo di mano alla caserma dei carabinieri che frutta un buon bottino d'armi, poi, «l'8 novembre 1943, vi è una sparatoria di fucileria», ricorda nel suo diario don Giovanni Del Boca, «contro i tre tedeschi che presidiano la stazione ferroviaria».

Vi sono i primi arresti. Il primo ad essere catturato è Abele De Regibus che, pur non avendo prove a suo carico, è rinchiuso nella cantina della stazione ferroviaria; qualche giorno dopo, anche Carlo Pella viene portato nel carcere improvvisato. Ricorda il partigiano Bruno Piolini che, prima di essere trasferiti alle carceri di Novara in attesa di processo, sia De Regibus sia Pella «vengono percossi a sangue». I giudici assolvono De Regibus, che è scarcerato, mentre Carlo Pella viene condannato a morte. A seguito della domanda di grazia, Pella viene inviato in un campo di concentramento nazista. Tra i più ricercati a Premosello vi è certamente Luigi Chiovenda, detto "Gin ad Badan", ma il coraggioso (e non più giovanissimo, ha circa quarant'anni) partigiano riesce più volte a far perdere le proprie tracce. Nel gennaio del 1944 la fortuna volta le spalle a "Gin ad Badan": a Colloro il partigiano è catturato dalla polizia confinaria, agli ordini del capitano Vanna. E' il 31 gennaio: "Gin ad Badan" viene fucilato sul posto.


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LA RAFFICA MORTALE - Borgomanero, 14 gennaio 1945

Caduto: Zoia Giuseppino

Nel gennaio 1945 ha inizio un nuovo, violento rastrellamento in tutte le zone dell'Italia Settentrionale. Nonostante ciò in Valsesia e in Ossola, nel Cusio e nel Vergante, nel Medio e Basso Novarese, i partigiani attaccano i presidi nazifascisti con coraggio e, ormai, anche con una notevole esperienza acquisita nei primi sedici mesi di lotta. Lo stesso nemico è costretto a riconoscere che «l'attività dei ribelli è aumentata sensibilmente. Oltre ai numerosi atti di sabotaggio alle linee telefoniche e telegrafiche e alle continue rapine (?) ai danni delle industrie alimentari e alle aziende agricole». Vi è poi il messaggio del generale Mark Clark che, nel riconoscere il valore dei partigiani e «le condizioni difficili» nelle quali operano, li incoraggia a continuare a combattere «al fine comune di scacciare l'oppressore dal suolo italiano». L'appello del nuovo Comandante del 15° gruppo di Armate, composto dalla V e dalla VIII Armata, e responsabile della direzione e del coordinamento dell'attività delle formazioni partigiane viene appreso con soddisfazione dai volontari della libertà e, ovviamente, fa passare in secondo piano il ricordo dell'invito alla smobilitazione rivolto dal Generale Alexander a metà novembre del 1944, invito che era stato una «pugnalata alle spalle» e che aveva amareggiato i partigiani, tutt'altro che disposti a seguirlo.

Ad Armeno, a Pettenesco, a Gattinara, a Romagnano Sesia, a Quarna, a Ponte Casletto, a Bellinzago, a Borgomanero, a Sizzano, a Novara, in pianura, in collina e sui monti, i partigiani attaccano il nemico impegnandolo costantemente in ogni località, senza dargli tregua. Fallisce ancora una volta il progetto nazifascista di sopraffare le forze partigiane, approfittando del nuovo duro inverno: ormai i partigiani hanno appreso la tecnica della guerriglia e lo spirito di combattività è via via cresciuto.

La potenza delle divisioni naziste non è però ancora debellata e, anzi, crescono la rabbia e la follia omicida che seminano ovunque distruzione, terrore e morte. Fabbriche, case, cascinali sono quotidianamente bruciate e distrutte dalle brigate nere e dalle SS, che si accaniscono su operai, contadini, donne e vecchi.

Una delle vittime dei nazifascisti è Giuseppino Zoia di Cavaglio d'Agogna, operaio presso l'O.M.C.S.A. di Borgomanero. Nel corso di una retata, Giuseppino Zoia, per evitare di cadere nelle mani del nemico, tenta la fuga, ma viene avvistato e abbattuto con una raffica di mitra.


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ATTACCO ALLA FUNICOLARE - Gignese, 18 gennaio 1945

Caduto: Rizzi Giuliano

La guerriglia sull'uno e l'altro versante del Mottarone è avvenimento quotidiano; ne sanno qualcosa i partigiani della "Valtoce" e della "Redi" che si sono assunti il compito di fronteggiare nella zona i nazifascisti.

Uno dei battaglioni garibaldini operanti sui due versanti del Mottarone è il battaglione Bariselli; il comandante è "Aries" (Neris Santini) e il commissario è "Ago" che, nel ricordare la storia del suo battaglione, ci parla anche delle ultime ore di Giuliano Rizzi ("Mariano"), di Milano.

«E' il 17 gennaio 1945, una squadra parte alla volta di Stresa. Compito assegnato: attacco alla funicolare che porta da Stresa al Mottarone. Nella squadra c'è anche "Mariano", un ragazzo di 17 anni, di fede antifascista ed amor patrio. Si portano nei pressi di Stresa, vedono bene, studiano come condurre l'attacco e si appostano in attesa; arriva la funicolare e fascisti ve ne sono. Quando sono a distanza ravvicinata, i nostri aprono il fuoco ma, malgrado la sorpresa, i fascisti rispondono con rabbiose raffiche. Si accende una furiosa battaglia che nel suo calore fa perdere a "Mariano" il controllo; si sporge dalla sua postazione coperta, viene preso in pieno petto da una raffica di mitra che ferma di colpo il suo giovane impeto. I nostri non sparano più».

La funicolare riprende a salire. I fascisti hanno tre morti e alcuni feriti. Purtroppo, il battaglione "Bariselli" perde il giovane "Mariano", che muore tra le braccia di un suo compagno; le sue ultime parole sono «Mamma» e «Viva l'Italia libera».


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FUCILAZIONE ALLE "DUE CAPPELLE" - Cambiasca, 19 gennaio 1945

Caduti: Camona Hermes, Gianetti Piero, Menconi Enrico, Oliva Andrea, Tenconi Renato

Nell'alto Verbano i nazifascisti sviluppano ulteriormente la loro azione di rastrellamento e occupano le contrade di Cossogno, Bieno, Santino, Rovegro, Miazzina, Cavandone e Premeno.

Il 10 gennaio, attaccati dai partigiani della "Valgrande Martire", i nazifascisti, costretti alla fuga, lasciano sul terreno numerosi morti e nelle mani dei partigiani un buon bottino di armi e di munizioni.

Nei giorni seguenti i nazifascisti occupano Cicogna e scendono in valle Pongallo. Nel corso di un combattimento scoppiato tra Cambiasca e Ramello, i partigiani hanno la meglio; durante lo scontro rimangono uccisi due fascisti e vengono catturati dai partigiani due ufficiali del GNR.

In risposta, avviene la rappresaglia. Il comandante fascista di Intra ordina di prelevare dal carcere cinque partigiani della "Valtoce" catturati nel corso del rastrellamento; i partigiani vengono trasportati ai confini di Cambiasca, in località "Due cappelle", e immediatamente fucilati.

I fucilati sono Hermes Camona di 19 anni, scalpellino, Pietro Gianetti di 18, operaio, Enrico Menconi di 19, operaio, Andrea Oliva di 19, meccanico, e Renato Tenconi di 18, operaio.

La popolazione rimane chiusa in casa fino a quando i fascisti non lasciano Cambiasca. Infine il parroco, don Giacomo Baronio, si reca sul luogo dell'eccidio, seguito da alcune donne che l'aiutano a lavare e comporre le salme, deposte poi nelle bare. Alle "Due cappelle" arrivano quindi tutti gli abitanti di Cambiasca che formano un lungo, silenzioso corteo funebre fino al cimitero.

Il giorno seguente, don Baronio è convocato al comando fascista di Intra, dove viene aggredito e minacciato di morte. Il parroco tornerà a Cambiasca assai turbato e si ammalerà, senza più riacquistare buona salute.


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NEI CAMPI DELLA MORTE - Gusen, 19 gennaio 1945

Caduto: Leonardi Carletto

Carletto Leonardi nasce a Castell'Alfero, nell'astigiano, il 30 giugno 1893; è combattente nella 1° guerra mondiale e, congedato, viene assunto dalle Ferrovie Nord. Nel 1919 si iscrive al partito socialista di Novara e, da quel momento, è sempre in prima linea nella lotta dei lavoratori contro lo sfruttamento, contro il fascismo, per un mondo più umano e civile, per il diritto di ogni uomo al lavoro, per la libertà e la giustizia.

Nel 1921, dopo il Congresso di Livorno, che segna la spaccatura del partito socialista e la nascita del partito comunista d'Italia, segue Giuseppe Belloni e Giarda (già segretario del Partito socialista) ed è nominato Segretario della Federazione Novarese del PCI. Partecipa personalmente alla difesa della sede della Camera del lavoro nella seconda metà del 1922. Dopo il Congresso Nazionale tenutosi in Francia (Lione - 1926), Carletto Leonardi, con Silvio Ramazzotti e Giuseppe Belloni, viene espulso dal Partito su proposta di Carlo Manzini, nuovo Segretario della Federazione novarese comunista, perché aderente alla corrente estremista bordighiana. Pur al di fuori del Partito, nella clandestinità, Leonardi continua la sua lotta con audacia e temerarietà.

Carletto Leonardi si trasferisce a Cavaglio d'Agogna, dove ha molti compagni e amici: è infatti molto generoso, aiuta e consiglia coloro che gli sono vicini e intanto mantiene viva la fede in un avvenire migliore. Si riavvicina quindi al Partito Comunista, che gli ridà la tessera e la sua piena fiducia, ed è sempre fra i compagni più attenti e battaglieri.

Nel 1942 Leonardi riprende più stretti contatti con gli antifascisti novaresi, per creare un'organizzazione che abbia lo scopo di mobilitare le masse. Leonardi consolida i contatti con Pippo Coppo di Omegna, Francesco Albertini di Gravellona Toce, Teruggi di Fontaneto d'Agogna, Giacomo Gray di Romagnano Sesia e, infine, ristabilisce i contatti con Novara, dove già operano Gaspare Pajetta e Giacinto Garzoni, dirigenti del Partito Comunista.

Nel 1943 il PCI è sufficientemente organizzato e Carletto Leonardi è fra i suoi più validi dirigenti. Nel settembre, ad Arona, Carletto Leonardi rappresenta il PCI nel Comitato di Liberazione Nazionale in Provincia di Novara, insieme con il socialista Alberto Jacometti ("Andrea") e il democristiano Carlo Torelli.

La casa di Carletto Leonardi, a Cavaglio d'Agogna, diviene un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono resistere contro i nazifascisti o che vogliono espatriare: soldati e ufficiali del disciolto esercito italiano, prigionieri alleati, evasi da vicini campi di concentramento, ebrei, giovani renitenti alla chiamata della Repubblica di Salò.

I fratelli Alfredo e Antonio Di Dio sono fra i primi ad essere ospitati e ad essere indirizzati in Valle Strona da Carletto Leonardi, che li aiuta anche a formare e ad armare la prima banda partigiana della Valle. Oltre duecento sono i prigionieri inglesi evasi che ottengono da Leonardi e dall'organizzazione creata a Cavaglio d'Agogna rifugio, cibo, indumenti e guide per raggiungere le formazioni partigiane o la frontiera.

A Leonardi dà fiducia e coraggio l'appoggio incondizionato della popolazione del piccolo comune che sorge, in mezzo alla campagna, ai piedi della collina, a ventiquattro chilometri circa da Novara. Leonardi tiene pure contatti con i collaboratori di Novara; fra questi Giulio Biglieri (fucilato il 5 aprile 1944) e Mario Campagnoli ( assassinato il 24 ottobre 1944), Piero Fornara e Somaglino. E' certo che anche i fascisti si accorgono dell'intensa attività di Carletto Leonardi e del movimento a casa sua. Familiari e compagni gli consigliano di andarsene da Cavaglio, anche per le sue cattive condizioni di salute, ma Leonardi decide di continuare la propria attività clandestina.

Il 7 aprile del 1944 Leonardi viene catturato dai fascisti; la sua casa è saccheggiata e semidistrutta dalle fiamme. Il calvario del generoso antifascista è lungo e penoso: le carceri di Novara e di Torino, il campo di concentramento di Fossoli, e, infine, Mauthausen-Gusen, il campo nazista di annientamento.

Ricorda l'avv. Albertini: si trattava di «annientamento fisico, ma ancor prima annientamento morale», perché, «come prima cosa, i tedeschi mirano alla distruzione della personalità, dei suoi valori, della sua natura e della sua essenza spirituale». Albertini incontra l'amico e compagno Leonardi al suo arrivo a Mauthausen-Gusen: «appena finito il suo forzato isolamento ci vediamo tutti i giorni, immancabilmente, per discutere dei nostri problemi, per affrontare questioni politiche per parlare anche della nostra miseria e dell'umiliazione che ci deriva dall'essere trattati non come uomini, ma come una cosa qualsiasi da buttare nel macero del frantoio della morte. Oltreché l'amico più affezionato, diviene il mio consigliere e si può ben pensare quanto siano preziosi i suoi consigli, i suoi suggerimenti e le sue critiche».

Il lavoro forzato massacrante, le privazioni, le violenze naziste distruggono il fisico di Carletto Leonardi che, il 19 gennaio 1945, si spegna a Gusen. Cade, ancora lottando contro gli oppositori, una delle più belle figure dell'antifascismo.


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L'IMBOSCATA DELLA X MAS - Unchio, 21 gennaio 1945

Caduti: Angelini Emidio, Calabrese Vincenzo

Verbano. Gennaio 1945: la "Valgrande Martire" sfugge a un nuovo rastrellamento, attacca con successo il nemico a Ponte Casletto, mette fuori uso apparecchiature telefoniche e telegrafiche destinate alla Wehrmacht. I nazifascisti si vendicano con le rappresaglie: saccheggi, distruzioni, assassinii.

I partigiani, per attaccare il nemico e sfuggirgli più velocemente, si raggruppano in piccoli reparti, squadre e pattuglie composte da non più di 10-12 uomini. Malauguratamente, reparti nemici antiguerriglia, ottimamente armati, organizzano numerose imboscate e, nonostante la volontà e il coraggio, per i partigiani a volte le cose si mettono molto male.

E' il caso di una pattuglia della "Valgrande Martire" che, il 21 gennaio, reduce da un'azione ad un posto di blocco, nei pressi di Unchio, cade in un'imboscata tesa da una pattuglia della X Mas. All'intimazione di resa, due partigiani riescono a scappare, mentre Emidio Angelini, di 28 anni, e Vincenzo Calabrese, di 19, rimangono sul posto fino all'esaurimento delle munizioni, cadendo poi crivellati dalle raffiche di mitra.


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ASSASSINIO DI UN COLLABORATORE - Borgomanero, 23 gennaio 1945

Caduto: Volta Oreste

Nel medio novarese e in particolare nel borgomanerese e nella zona immediatamente a nord del capoluogo si assiste, nel mese di gennaio, ad una serie di azioni partigiane che hanno esito positivo.

A Sizzano una squadra del battaglione "Creola" da l'assalto ad un autocarro carico di fascisti, di armi e di munizioni e se ne impadronisce mettendo in fuga i militi.

A qualche chilometro da Novara, i garibaldini fanno deragliare un treno-merci carico di rotaie. Sempre nei pressi di Novara, i partigiani fanno prigionieri sei nazisti e alcuni militi e si impadroniscono dell'autocarro che è diretto verso il presidio di Cressa.

A Borgomanero, il 22 gennaio, una squadretta della "Loss" fa prigionieri quattro brigatisti e preleva un prezioso bottino di armi e munizioni.

Ma ecco la risposta dei fascisti: inganno e assassinio. Presumendo che il commerciante cinquantenne Oreste Volta sia un collaboratore dei partigiani, gli tendono la trappola facendogli pervenire l'invito ad un incontro ai margini di Borgomanero con una falsa staffetta partigiana. E' il 23 gennaio: Oreste Volta si reca all'appuntamento, fissato al passaggio a livello fra Borgomanero e Cressa, viene catturato e immediatamente fucilato.


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