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Calendario della Resistenza: tante date e tanti Caduti da ricordare

Comitato provinciale di Novara


Il 26 aprile di settant'anni fa Novara si affrancava dal giogo nazifascista, senza spargimento di sangue, dopo convulse e concitate ore di trattative tra il CLN di Novara ed il comando tedesco.



L'insurrezione generale e la liberazione del Norditalia sono state pianificate da tempo. In preparazione dell'impegno finale il comando generale decide di porre alle proprie dirette dipendenze i reparti di Valsesia e Valdossola. In documenti d'archivio del Comando Generale del CVL si legge che lo scopo è di poter impiegare questi reparti «in operazioni militari da svolgersi in Lombardia, specialmente in vista della liberazione di Milano»

In data 07 marzo è ormai pronto un piano particolaggiato di operazioni con compiti, obiettivi, reparti da impiegarsi, zone di intervento.



Nel pomeriggio del 24 aprile il CLNAI, Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia dirama l'ordine, in codice, il noto "Aldo dice 26 x 1" che decreta l'insurrezione generale. Il codice è abbastanza trasparente. E' previsto l'inizio delle operazioni alle ore 01 del 26 aprile.

Ma i reparti della Valsesia, del Cusio, del Verbano e dell'Ossola si sono già portati avanti con il lavoro.
Il controllo del territorio da parte dei nazifascisti è sempre più aleatorio. Il 18 aprile, a Trivero, nel Biellese, Moscatelli e "Gemisto" (Franco Moranino) sono in grado di parlare, indisturbati, a migliaia di operai tessili in sciopero.
Il 21, alla stazione di Varzo, una magistrale operazione notturna, in condizioni atmosferiche proibitive, di reparti della 2ª divisione d'assalto "Redi" permette di neutralizzare numerose decine di tonnellata di esplosivo, già pronto per uno scellerato piano di distruzione delle centrali elettriche e della Galleria del Sempione.
L'esplosivo è gia caricato su vagoni merci, pare almeno venti, predisposti con un foro trasversale in centro atto a immettere la miccia detonante. Non un rischio ma una certezza che se non si interviene sarà una catastrofe.
Gli uomini della "Redi", che hanno scollinato dalla Valle di Bognanco per calare su Varzo (questo da la misura della complessità dell'operazione), riescono ad eliminare le sentinelle e poi, con alcune ore di dura fatica, spargono sul greto del torrente Diveria la totalità dell'esplosivo. All'alba il lavoro è finito. Viene dato fuoco all'esplosivo, la valle sembra illuminata a giorno. Le centrali e la Galleria sono salvi.
Novara è libera Dalla "Stella Alpina del 27 aprile 1945.


Si è già detto che i reparti partigiani hanno agito d'anticipo. La Valsesia è libera dalla mattinata del 24. Moscatelli ne da notizia con un radiotelegramma contrassegnato "ore 12" a Pietro Secchia. E indica anche i prossimi obiettivi, prima Borgomanero e poi Novara.
A Domodossola i primi reparti partigiani si attestano in periferia nella serata del 23, all'alba del 24 la liberazione è un fatto compiuto. Sempre il 24 gli uomini della "Flaim" entrano in Verbania. Vengono liberate il 24 pure Omegna e Gravellona, nelle ore mattutine del 25 Borgomanero.




Novara è una città che si caratterizza per il concreto atteggiamento di "resistenza civile" da parte di larghi strati della popolazione. Il partigianato "locale" consiste in quattro reparti, ciascuno fa riferimento ad uno dei quattro partiti politici egemoni nel movimento resistenziale, comunista, democristiano, socialista ed azionista. Consistente il peso numerico, complessivamente 2000 uomini, ma assolutamente carente l'armamento, circa 140 gli armati, un misero 7%. Questi reparti hanno un comando unificato nella persona del maggiore degli alpini Gino Grassi "Tia", garibaldino, comandante di piazza designato a Novara.
E' evidente che la liberazione di Novara non poteva che dipendere dal coinvolgimento prevalente e decisivo dei reparti di Verbano Cusio Ossola, Vergante e zona Valsesia, dal cui comando unificato dipendevano tutti i reparti testé citati.

Il piano del comando zona Valsesia (Eraldo Gastone "Ciro" comandante, Vincenzo Moscatelli "Cino" commissario politico) prevede di concentrare su Novara la Divisione "Fratelli Varalli" (Albino Calletti "Bruno" comandante, Mario Venanzi "Michele" commissario) e la Divisione "Gaspare Pajetta" (Arrigo Gruppi "Moro" comandante, Giacomo Grai "Grano" commissario).
In realtà l'apporto della "Pajetta" sarà più defilato, per sopravvenute emergenze di forza maggiore (il grosso della brigata "Volante Loss" mai mossasi dal Biellese impegnata nella difesa degli impianti industriali, la brigata "Servadei" dirottata repentinamente su Arona a contrastare la colonna, dotata anche di mezzi corazzati, del capitano Stamm che, abbandonata l'Ossola, stava rientrando a sud. Stamm devierà poi verso la Lombardia dove, a Busto Arsizio, si arrenderà alla Vª armata americana).
In tutto, a ranghi completi, comprese le brigate che poi in realtà sono state impiegate altrove, 2400 uomini in assetto di combattimento. Dall'altra parte, concentrati nelle varie caserme di Novara, 2700 tedeschi, tra SS e Wehrmacht, e 1000 repubblichini.




L'accerchiamento di Novara La dislocazione dei reparti partigiani
intorno alla città di Novara.


Alla mezzanotte del 25 anche l'accerchiamento di Novara è stato completato. Il quartier generale delle forze partigiane viene posto a Veveri.
Il CNL locale aveva sede in Corso Cavour, 11. Il professor Fornara (tale bisogna chiamarlo, non fu mai ufficialmente membro del CLN, forse per non pregiudicarsi libertà di movimento all'interno della città e di contatti con la Resistenza, che la sua professione sicuramente favoriva; in realtà fu sempre elemento attivo e di peso decisionale all'interno del Comitato) ad ora antelucana (5,30 di mattino) raggiunse la sede del CLN, distante poche decine di metri dalla propria abitazione. Alcuni membri sono già riuniti, Sergio Scarpa "Geo", Alberto Jacometti, Gisella Floreanini. Più tardi si aggiungeranno Carlo Zorzoli e Luigi Cappa.
Alle otto è avviato il contatto del CNL con il comando partigiano. Una delegazione composta da Giuseppe Bonfantini, già sindaco socialista di Novara prima del ventennio, e da monsignor Leone Ossola, accompagnati da un giovane sacerdote, Don Carlo Brugo, si reca a Veveri. Hanno incarico dal CNL di farsi mediatori della trattativa di resa tra il comando Valsesia ed il comando tedesco.

Di Leone Giacomo Ossola ci sarebbe da scrivere non un breve paragrafo bensì un intero sito. Giunto a Novara il 19 ottobre del 1943 nominato "amministratore apostolico" (non vescovo, vescovo lo diverrà solo il 09 settembre del 1945; in qualità di "vescovo" ci sarebbe stato da giurare alla RSI e questo non era nelle corde di una personalità come Leone Ossola), fu un faro per la città ed una spina nel fianco dei nazifascisti, al punto che sulla sua testa fu messa, da Vezzalini, una taglia, che egli andò spavaldamente personalmente a riscuotere per usare il danaro per sostenere la povera gente.
Il costante impegno di Leone Ossola in difesa della città e dei novaresi gli valsero l'appellativo di Defensor Civitatis, che ci pare un gran bel modo di ricordarlo.

La delegazione rientra da Veveri con l'ultimatum per il comando tedesco, che sarà recapitato al comando militare attraverso il Vescovado. Monsignor Ossola intanto incontra, in prefettura i vertici militari e civili della RSI. Una telefonata alla prefettura di Milano, dove dal giorno precedente si è insediato il CNL, vince ogni reticenza e convince i fascisti della ineluttabilità della resa.
La mossa successiva consiste nell'avviare il contatto con il comando tedesco. Pur con qualche fatica Monsignor Ossola convince i tedeschi ad accettare un colloquio con il comando partigiano ed il CNL in una sede neutrale, il Vescovado.
Monsignor Ossola riparte per Veveri, a prelevare i plenipotenziari partigiani; incaricati della trattativa sono Eraldo Gastone "Ciro" ed Gino Grassi "Tia". Durante il tragitto incontrano la popolazione festante e plaudente, in realtà è un po' presto per esaltarsi, la trattativa non è ancora nemmeno decollata.
E' incredibile la freneticità di quei momenti. Si è cominciato alle otto, in mezzo ci sono stati i contatti preliminari di cui si è detto, ma alle dieci le delegazioni (ed anche il sempre presente, pur senza alcuna veste ufficiale, professor Fornara) sono già in Vescovado. E dalle dieci alle dodici e trenta si susseguono tre incontri, sempre in Vescovado. L'ultimo, decisivo, alle 16,30 a Palazzo Rossini.

Una foto celeberrima L'auto dei comandanti partigiani in transito da Piazza Carlo Alberto (l'attuale Piazza
Gramsci) diretta a Palazzo Rossini per l'ultima, decisiva trattativa delle ore 16,30.


In tarda mattinata gli oltre mille fascisti decidono autonomamente di arrendersi. Consegnano le armi e vengono internati al campo sportivo della città, quali prigionieri di guerra.
I tedeschi si ritrovano così isolati. Nel pomeriggio, dopo l'incontro di Palazzo Rossini, ci sarà la resa, forse si potrebbe definirla irrituale, dei tedeschi. Cessano ogni azione di belligeranza, sono consegnati nelle caserme, ma mantegono l'armamento. Perfezioneranno la resa definitiva solo davanti a reparti anglo-americani.
Ci fu anche qualche colpo di coda. Il 28 un piccolo gruppo di tedeschi con alcuni mezzi corazzati uscirono dalla caserma dove erano consegnati con l'obiettivo di ricongiungersi a qualche isolato reparto ancora operativo in zona. Ma furono fermati sul cavalcavia di Sant'Andrea con qualche perdita, e rispediti nella loro caserma.
Novara si affrancherà della loro ingombrante presenza solo il 02 di maggio, all'arrivo delle avanguardie della Vª armata.



Novara è libera, senza spargimento di sangue. Alle 17 i partigiani entrano in città, accolti dalla poplazione festante come liberatori, quali in effetti erano. Il tempo è incerto, tipicamente primaverile, ma questo non frena gli entusiasmi.
Solo in serata uscirà la comunicazione ufficiale da parte del CNL, con un manifesto per la popolazione, con la ripartizione delle cariche. In realtà l'assegnazione era già stata decisa nelle ore precedenti, ci verrebbe da dire quasi automatica.
Vincenzo Moscatelli, designato sindaco, il primo sindaco della città dopo la Liberazione, tiene il suo primo discorso da sindaco alla folla assiepata in Piazza Crispi (l'attuale Piazza Martiri).
Il professor Fornara, designato prefetto, prende possesso della Prefettura già a partire dalle ore 16,30. Alle 18, dal balcone del palazzo della Prefettura terrà il suo primo discorso. Con il celebre passo (bisogna però essere novaresi per comprenderne pienamente il senso, bisogna sapere cosa era e dove era la «cünèta»): "Io, battezzato dall'acqua della Cunetta, assumo oggi la Carica di Prefetto di Novara".
Sul primo pianerottolo dello scalone della Prefettura, liberamentte accessibile, compare la targa, posta nel 2005, che ricorda questo passo del discorso del Prefetto Fornara.



Un gran bel giorno, il 26 aprile 1945. E adesso sono passati settant'anni.




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